Dal 1932 al 1936
LA VERA E PURA ESSENZA DELLA VITA
La vita di Virginio Bianchi narrata dalla figlia
Capitolo 3 / 6
La Prima Mostra Personale
Comunque vadano le cose, Virginio lavora alacremente per presentare la sua prima Mostra Personale a Viareggio.
Dopo il diploma, ha dipinto tanti piccoli quadri, quasi tutti su tavolette di compensato o su pezzi di juta, ricavata da sacchi usati, per non sottrarre denaro al già magro bilancio.
Le opere da lui ritenute degne di essere esposte, sono centodieci; cosí decide di allestire questa rassegna nella locanda “La Pia”, vicino alla “Fossa dell’Abate”, che separa Viareggio da Lido di Camaiore.
È il 1932. - La mostra ottiene un grande successo e, tra i visitatori, si conta persino il Re Vittorio Emanuele, che si complimenta con l’autore dicendo di apprezzarne, oltre alla bravura, anche il “coraggio”, dimostrato dalle innovazioni della sua pittura; e afferma pure di augurarsi che altri giovani artisti possano seguire l’esempio di Bianchi!
Durante la mostra, il caricaturista Zac esegue una bellissima caricatura di Virginio con carboncini e gessetti colorati; ed una seconda caricatura, eseguita dal giovane Uberto Bonetti, va ad illustrare un lungo articolo scritto da G. Nerini, che viene pubblicato su un quotidiano in cronaca di Viareggio.
Molto ammirati soprattutto gli autoritratti di Virginio, uno dei quali finirà poi nella casa di un noto Avvocato lucchese.
Il ‘32 si rivela per Virginio un anno ricco di avvenimenti: riesce persino a realizzare il suo desiderio di fondare la compagnia “Filodrammatica” massarosese, radunando gli amici artigiani ai quali insegna a recitare. E si occupa personalmente di tutto, dalle scene ai costumi, dalla scelta dei testi all’assegnazione delle parti.
La cosa funziona davvero ed il paese risponde favorevolmente.
Bianchi si entusiasma e mette in scena addirittura una parodia della “Francesca da Rimini” come autore, regista, scenografo ed attore. La parodia ebbe da Virginio la seguente dedica :
Alle intelligentissime signorine
Erica e Ledi Biagi - Maria Lencioni
filodrammatiche impenitenti
tifose dell’opera nazionale
“Dopolavoro in Massarosa”
dedico questa mia modesta “cecca”
che né di prosa
né di poesia rivestita
sta prendendo il volo
dalle mie ore distratte
di eterno errante
Forse, riuscendo cosí a tornare nelle “grazie” dei compaesani, si sente finalmente appagato, a suo agio; ed i lati migliori del suo carattere, la generosità e la vena umoristica, esplodono in una girandola di impegni, tutti a favore della gente di Massarosa.
Fino a spingerlo ad organizzare anche un primo “Corso mascherato” con un grande carro di cartapesta, sul quale troneggiano due mascheroni: Fagiolo e Biroldo.
Due buffi compari che rappresentano i paesi di Bozzano e di Massarosa, da sempre in competizione fra di loro ma, questa volta, insieme al carnevale.
E non manca la “Canzonetta ufficiale”, con le parole del nostro versatile artista musicate dal “Maestro della Banda”.
Ed infine, tra tutte queste novità, la cosa che forse lo gratifica maggiormente, dopo qualche avventura amorosa finita nel nulla, è l’aver conosciuto la maestra elementare Enrica Biagi, arrivata da poco in paese e già coinvolta nella Filodrammatica nel ruolo di suggeritrice.
La ragazza, di poco piú grande di Virginio, pure essa reduce da un lungo fidanzamento spezzato, si innamorerà di lui soprattutto perché lo trova “buffissimo” - dirà - e perché ne sollecita “l’istinto materno”.
Enrica, che diventerà la compagna della sua vita, è una bruna dalla pelle candida, formosa e molto elegante; assai vivace e comunicativa e con un naso importante, alla Dante Alighieri, per il quale dovrà subire per tutta la vita le battute umoristiche di Virginio.
Però, la notizia del fidanzamento, non entusiasma Alberto, il padre di Virginio, dal quale la ragazza è costretta a subire un interrogatorio da Tribunale dell’Inquisizione per appurare se sia ancora vergine ed illibata, con tanto di giuramento in ginocchio davanti ad una statuina della Madonna.
La cosa, chiaramente, manda in bestia Virginio e costituisce in seno alla famiglia un nuovo motivo di discordia, che crescerà quando, in seguito, egli dovrà chiedere al padre un prestito per costruirsi una casa in paese, sopra un terreno che era di proprietà della madre scomparsa.
Ma, intanto, i fidanzati si scrivono tenere missive quando sono lontani e, quando invece sono in paese, lui la sera va a “veglia dalla Signorina”, come tutti chiamano la Maestra, anche perché è la proprietaria dell’unico apparecchio radiofonico che esiste nella zona.
Enrica abita insieme ad una sorella, di nome Elide, in casa di alcune comari molto affezionate alla Maestra.
Anche Elide è una ragazza molto piacente; cosí, in quella casa, la sera si radunano parecchie persone, giovani o meno, che, con la scusa della “radio” o tentando di fare una corte discreta alle due ragazze, creano in realtà un centro di aggregazione culturale, dove si discute di teatro, poesia, arte e di altri argomenti mai trattati prima dalla maggior parte degli abitanti di Massarosa.
Virginio lavora intensamente, partecipando anche a concorsi banditi dal Regime Fascista, pur di guadagnare “qualche liretta” - dice lui - per metter su famiglia.
Ma comincia ad essere perseguitato da alcune sventure, a partire da una grave intossicazione causatagli dai colori ad olio, che gli procura dolori fortissimi, principalmente agli arti inferiori.
Cosí inizia a passare da un medico all’altro e a seguire diverse cure che però sembrano essere soltanto miseri palliativi.
Dovrà sospendere per un po’ la pittura e recarsi in un posto di mare a respirare aria pura e riposarsi.
In effetti, Virginio si recherà per un certo periodo, in una località marinara vicino a Livorno e cercherà di curarsi nel migliore dei modi, riacquistando un certo benessere.
Però i dolori nelle articolazioni rimarranno e costituiranno un pesante disagio da portarsi addosso, per tutta la vita.
Le lettere che scrive alla sua “Ghiga”, (cosí ha ribattezzato la fidanzata), sono adesso molto tristi.
Egli vede il proprio futuro gravemente compromesso da queste complicazioni, rammaricandosi di non poter piú usare, come faceva prima, anche le dita per stendere il colore sulla tela e dover rinunciare cosí alle tavolozze materiche che caratterizzavano molti dei suoi lavori.
E si dispera, dichiarando che lei è l’unica sua consolazione, la sola luce che vede brillare in un incerto avvenire.
Negli anni seguenti, Virginio continua a darsi da fare per raggranellare il piú possibile, facendo ogni lavoro che gli capita, vincendo anche due concorsi per cartoline, banditi da Mussolini sui temi: “Sogni di madre italiana” e “Il giovane Balilla”.
E mette in costruzione la sua casa, che vuole moderna e diversa da tutte le altre abitazioni del paese.
Disegna il progetto per gli esterni e gli interni, inventa i mobili, con gli armadi da incassare nelle pareti; sceglie il marmo per la scala che porterà al piano superiore e va a cercare il vetro nero con il quale ricoprirà tutti i piani dei tavoli e delle credenze.
Lettere ad Enrica
10 Agosto 1935
Cara Enrica,
Ieri sera sono andato a letto prestissimo (alle 8) perché i dolori delle mie gambe sono cose abbastanza serie: aumentano di giorno in giorno! In questo momento “sudo freddo” benché il dolore sia alquanto calmato; ma lunedí prossimo andrò a Lucca da uno specialista per vedere finalmente di cosa si tratta.
Oh se avessi tanto bene alle gambe come l’ho nel cuore!
Batterei certamente tutti i record dell’ora!
Ma speriamo bene, tutto passerà col tempo e con le cure che farò senza indugio.
Perdona la mia telegrafia laconica ed abbiti un milione di…
(saluti cari).
15 Agosto 1935
Enrica mia,
Tanta gioia mi portano le tue lettere, che stento a contenerla.
Come fai ad essere cosí buona?
Grazie! Grazie mille, “Dondolino mio”!
Oggi anche il corpo sta bene: le gambe vanno assai meglio - e se il cielo è grigio e tappezzato di nuvoloni pregni di pioggia - se le rondini gridano disperate virando a guizzi nell’aria - se le campane suonano sorde e stordite - ho una gran festa nell’anima e nel cuore perché ho la certezza che mi vuoi bene!
21 Agosto 1935
Enrica cara,
la tua buona lettera mi trova un po’… “giú di forma” - un po’… sofferente nel corpo e nell’anima, ma piú che altro, nel corpo, poiché l’anima ha trovato la mano pietosa - buona - che l’accarezza con cura materna.
Mia buona Enrica, ho l’impressione che le mie gambe rappresentino un disastro senza rimedio e che dovrò trascinare la mia sofferenza per tutta la vita.
Mi sembra impossibile che con quei pochi colori ch’io uso possa essermi avvelenato il sangue fino a quel punto!
Se i due dottori da me consultati saranno concordi, allora farò la cura prescrittami e cioè: aria buona - riposo e stricnina una volta al giorno - niente mare e niente bagni!
31 Agosto 1935
Meravigliosa ragazza,
accingermi a scrivere è un problema! Anzi, due problemi, un’infinità di problemi, ora, che appena due giorni mi dividono dai tuoi baci e dalle tue carezze.
Oh… i miei daltonici occhi che tanto disprezzavo!
Son riusciti finalmente a vedere la luce - Hanno veduto il sole concentrato in un’anfora di linea purissima: dal profilo non troppo regolare ma tanto, tanto simpatico!
Anfora mia, come va?
Non ti do il tempo di rispondere. - Incalzo: - Va là che vai bene!
Come vuoi che vada quando non manca la giovinezza (l’eterna giovinezza, direbbe D’Annunzio) non ancora spoglia dell’adolescenza?
Adolescenza? Ma che dico?… Pubertà!… Ecco la definizione esatta.
Scorri con molta degnazione questo ritaglio di giornale che ti accludo. In esso si narra l’istoria tenera e fresca di due “giovani” del Celeste Impero che, molto diversi da noi per temperamento, (noi siamo freschi e loro caldi!) non hanno indugiato molto ad avere un figlio.
Il ritaglio può servirci ad aumentarci il coraggio.
Che diamine! - Siamo ancora in tenera età, noi! Vedrai che riusciremo assai meglio degli “allegri ragazzi di Pechino!”
Segue un ritaglio di giornale dal titolo:
Contadina settantacinquenne che da’ alla luce due gemelli
Pechino.
Un caso eccezionale, che ha destato l’attenzione degli scienziati e delle autorità, è avvenuto nel villaggio di Shao Wang Po, nelle prossimità di Canton.
Una contadina di settantacinque anni ha partorito due gemelli. Il padre conta ben settantasei anni.
Una vera moltitudine di curiosi arriva da tutte le parti per vedere gli eccezionali genitori e i due gemelli.
La donna non aveva prima mai avuto bambini.
3 Settembre 1935
Mia cara,
perdona se tardo con le mie “lettere” ma... tanti grattacapi mi dà quel concorsetto e tante rabbie da morirne.
Quando si fanno i lavori in fretta ti capitano tutte le disgrazie.
Il colore ti cola, l’inchiostro si spande, la carta s’arriccia e sei costretto a rifarti da capo cento volte. In questi giorni mi succede di tutto un po’ e... per rimettere i “tempi persi”, sono costretto a sgobbare come un asino.
Avevo intenzione di presentarmi con piú di un lavoro ma ci vorrà tutta se arriverò in tempo con uno solo.
In tanto daffare la tua ultima lettera mi ha elettrizzato! Grazie! Grazie, Mimmina mia.
Da te mi viene tanta forza e tanto coraggio che sono pronto per qualsiasi cimento.
5 Settembre 1935
Enrica mia,
perdona se tardo a scriverti ma dacché ho attaccato con un po’ di lavoro le preoccupazioni sono molte e le distrazioni anche eccessive.
Ho deciso di prendere parte al concorso dell’opera “Maternità e Infanzia” per un cartello. Detto concorso scade il 27 di questo mese ed ancora sono molto indietro con i miei studi. Ho abbandonato decisamente quello di Torino perché non sono preparato ad un tal genere di lavori e perché il tempo stringe.
Ho pochi giorni per sviluppare quello che ho in testa ma spero che i disturbi fisici non tornino a galla e che mi lascino lavorare con tranquillità.
Capirai che cinquemila lire sarebbero buone per certe nostre cosette e… che faccio di tutto per prenderle.
Non ci spero, però, perché conosco i concorsi ed i loro sistemi; tento soltanto!