LE NOTTI
Nel mio letto borghese, molte notti, tante:
le gambe divaricate fra gli umidi lini,
la schiena grassa e sudaticcia;
le mani sul pube
- sul mio -
arido pube di squallori fallaci.
Addio, addio vecchio rudere cadente, addio!
La moglie, accanto, ronfa
come gatta accucciata
quasi fischia, a tratti, dal naso, un giusto dormire.
Ho rabbia. Una rabbia...
Ferraglie, ferraglie, fischi, ronzii...
Ho le orecchie strappate, in pezzi.
Ho stiramenti cervicali, punte di spilli ai pollici;
capelli incollati, in pasta, sulla cotenna,
a sfoglia, impalpabile, molle.
Mi rigiro.
Cerco d’acquietare esigenze tardive,
inani sospiri,
bruciori.
Ho un maturo affanno, un’ansia.
Notte.
Una solita notte.
Palloni rossi, verdi, blu
nell’atro striato d’opale, di giallo.
Ho sette saette con me, ottomila pecore vaganti,
centomila campani squillanti.
Miliardi di stelle, miriadi, comete, un aquilone,
una morte secca, un gatto nero,
una capra partoriente
una lumaca nell’orecchio
quindicimila meretrici nude
a cavalcioni di un tubo da stufa rovente.
Ho tutto con me,
in questa non unica notte disperata,
avulsa a giorni paralleli
- a banalissimi giorni perduti -
nel riempimento e svuotamento “Tubo”.
Una notte nei lini.
Una delle tante notti,
con la moglie che ronfa, accanto.
Virginio Bianchi
(anni '60)