IL POETA SEPOLTO
Sepolto nella terra rossa
ai margini del mare,
tra i pini steccosi
e le pozzanghere palustri,
oso dilatare il fiacco respiro
fino a te - cielo -
mio cielo mai limpido,
corrusco.
Oso dilatare le orbite,
l’ugola, fino a te - cielo -
per chiederti
- misterioso - eterno -
il perché dei perché;
per vedere in te - fucinatore
dell’immensa cappa di piombo
che mi grava
e sommerge nel fango, mi sotterra.
Per chiederti - eterno -
un giorno di sole,
uno solo!
Un cielo spazzato, limpido;
un’alba,
un tramonto con l’oro diffuso.
Un giorno solo!
Ch’io possa sollevare la terra rossa
con la forza che darai
alle mie mani risorte,
al mio cranio scarnito e spento.
Ch’io possa
con la bocca riarticolata,
sputare la terra amara!
Ch’io possa, con una voce nuova
che mi darai,
cantare con l’orchestra dei pini
impazziti dal vento,
con il coro del mare,
i versi che mi negò la vita.
E che, dissepolti con me,
getterò sull’arco dei tuoi venti,
come un polline che si disperda
nel piú latente dei mondi
o nel pasto dei vermi.
Cielo, lasciami cantare!
Questo ti chiedo.
Poi tornerò nella gelida fossa.
Virginio Bianchi
(dopo il 1950)